Una delle leggende più diffuse sulla scoperta del caffè narra di un pastore etiope il quale notò che alcune delle sue capre cambiavano comportamento diventando più agitate e vispe dopo aver brucato bacche e foglie di un folto cespuglio.
Dall’Etiopia, il caffè fu esportato in Arabia dove le popolazioni del posto consumavano l’intero frutto, una bacca rossa che assomiglia a una ciliegia. In seguito, iniziarono a estrarre i semi macinandoli e lavorandoli con grasso animale, fino a ottenere una miscela che poteva essere mangiata come una sorta di “combustibile fisiologico” durante i lunghi viaggi. Soltanto nel 1000 d.C. i chicchi di caffè verdi furono bolliti in acqua per produrre una bevanda aromatica; ma ci vollero altri tre secoli prima che gli arabi iniziassero la pratica della torrefazione e macinazione dei chicchi.
La grande popolarità del caffè presso gli Arabi ha un fondamento religioso: poiché il Corano vieta rigorosamente l’uso di bevande alcoliche , i musulmani consumavano dunque grandi quantità di caffè e di qui nasce la leggenda di Maometto che afflitto dalla malattia del sonno riceve dall'Arcangelo Gabriele una bevanda nera e dopo averla bevuta acquisterà le forze per combattere quaranta cavalieri e giacere con quaranta donne.
Notizie ancora più antiche sull'uso di una sostanza che può essere identificata come il caffè possono essere trovate anche nell'Odissea in cui Omero parla di una bevanda chiamate nepente che Elena offre a Telemaco insieme al vino anche se si crede che sia stata una droga ricavata dall'oppio.