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La miscelazione può avvenire sia prima che dopo la tostatura; in Toscaffè misceliamo prima i caffè che hanno tempi di tostatura uniforme e dopo gli altri, in modo da creare miscele aromatiche e dai chicchi di colore uniforme.
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Con il procedimento della torrefazione tradizionale il caffè viene portato ad una temperatura di circa 200°-240°C; il processo dura circa 18-20 minuti. In questo lasso di tempo i chicchi di caffè subiscono una serie di variazioni chimico - fisiche.
Innanzitutto si ha una notevole riduzione di peso (circa 20%) dovuta prevalentemente all'evaporazione dell'acqua.
Inoltre, per lo sprigionarsi di gas "pesanti" interni al caffè, quali l'anidride carbonica, il volume aumenta di circa 60%, facendo gonfiare il singolo chicco e il suo colore passa dal verde al bruno. A seconda del grado di temperatura a cui viene portato cambia il livello di tostatura e quindi il colore del chicco.
Nella fase di tostatura il caffè libera una parte dei propri aromi volatili, sprigionando il caratteristico meraviglioso profumo.
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La qualità del nostro caffè è garantita dall'approvvigionamento delle partite migliori di caffè crudo tra gli arabica ed i robusta.
L'arabica è la specie di caffè più pregiata ed anche la più diffusa, ha un minore contenuto di caffeina e risulta essere come gusto più dolce ed aromatica, invece la robusta è una specie più resistente con una maggiore resa, ha un maggiore contenuto di caffeina e come gusto si presenta più amaro ma capace di dare più corpo alla bevanda.
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Una volta raggiunto il punto desiderato di tostatura, il caffè va raffreddato rapidamente trasferendolo nella tramoggia di raffreddamento, dove si utilizza aria fredda per non alterare le caratteristiche organolettiche del prodotto.
A questo punto il caffè viene immesso nei silos e lasciato a riposare qualche giorno fino al confezionamento.
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Una delle leggende più diffuse sulla scoperta del caffè narra di un pastore etiope il quale notò che alcune delle sue capre cambiavano comportamento diventando più agitate e vispe dopo aver brucato bacche e foglie di un folto cespuglio.
Dall’Etiopia, il caffè fu esportato in Arabia dove le popolazioni del posto consumavano l’intero frutto, una bacca rossa che assomiglia a una ciliegia. In seguito, iniziarono a estrarre i semi macinandoli e lavorandoli con grasso animale, fino a ottenere una miscela che poteva essere mangiata come una sorta di “combustibile fisiologico” durante i lunghi viaggi. Soltanto nel 1000 d.C. i chicchi di caffè verdi furono bolliti in acqua per produrre una bevanda aromatica; ma ci vollero altri tre secoli prima che gli arabi iniziassero la pratica della torrefazione e macinazione dei chicchi.
La grande popolarità del caffè presso gli Arabi ha un fondamento religioso: poiché il Corano vieta rigorosamente l’uso di bevande alcoliche , i musulmani consumavano dunque grandi quantità di caffè e di qui nasce la leggenda di Maometto che afflitto dalla malattia del sonno riceve dall'Arcangelo Gabriele una bevanda nera e dopo averla bevuta acquisterà le forze per combattere quaranta cavalieri e giacere con quaranta donne.
Notizie ancora più antiche sull'uso di una sostanza che può essere identificata come il caffè possono essere trovate anche nell'Odissea in cui Omero parla di una bevanda chiamate nepente che Elena offre a Telemaco insieme al vino anche se si crede che sia stata una droga ricavata dall'oppio.